sabato 6 novembre 2010

inno all'incapacità

Tra le numerose locandine affisse sui muri di Berlino, non ho potuto non notare quella di un spettacolo teatrale intitolato Glorious!; leggendo le poche righe che descrivevano lo spettacolo ho incontrato due delle quattro parole in tedesco che conosco e un nome che mi sembrava familiare: Florence Foster Jenkins; mettendo insieme quegli elementi, mi torna in mente un vago ricordo, infatti, avevo già sentito parlare di questa donna passata alla storia per il suo modo "inusuale" di affrontare la lirica; non avendo mai sentito una sua interpretazioni, incuriosito da questa coincidenza, mi metto a cercare e, al primo tentativo fatto su youtube, trovo ben 4 risultati diversi, un brano mi colpisce in particolare, mi colpisce a tal punto che devo farvelo conoscere.
Mi raccomando ascoltatelo attentamente.



Ovviamente, dopo l'ascolto, non ho potuto fare a meno di ridere (qui una versione meno inusuale).
Personalmente penso che questa donna sia stata un genio del marketing (e del male), una grande intrattenitrice e, forse, una grande illusa, un'illusa talmente testarda da riuscire a passare alla storia.

Passato il divertimento mi sono chiesto quanto siano importanti il talento, l'impegno e la passione per imporre la propria visione, infatti, sono convinto questa donna mettesse una grande passione e un impegno mastodontico nella sua carriera di cantante, ma aveva una carenza eccessiva di talento, almeno per quanto riguarda il canto lirico.

Non avendo mai apprezzato chi basa tutta la propria esistenza sul puro e semplice talento, mi sono chiesto se sia più giusto innalzare al livello dell'eccellenza la mediocrità di chi si impegna (sebbene si sappia dall'inizio che non raggiungerà mai un alto livello), o mandare avanti il puro talento, perché è una merce rara da salvaguardare.
Guardando la nostra TV mi rendo conto che l'esaltazione dell'incapacità regna sovrana, e non mi riferisco al programma di nonsoquanteore di Silvia Toffanin o alle Del Noce girls, che a quanto pare devono per forza andare in onda, no, io parlo di cotto e mangiato, la rubrica di Studio aperto dedicata alla cucina.

Benedetta Parodi incontra Fantaghirò
 A volte mi domando quanto possa essere credibile una giornalista, che non riesce a tagliare un pezzo di pane senza amputarsi una mano, spesso vestita da Barbie serata di gala nel dare consigli di cucina, inoltre non so spiegarmi quel gesto finale, perché quel dito in ogni piatto? Significa forse "mangiato"? Non so darmi una risposta.

In ogni caso per me quel programma inguardabile è diventato un must: come solo Florence Foster Jenkins con la lirica prima di lei, Benedetta Parodi ha sconvolto il mondo della cucina, grazie al punto di vista totalmente improbabile e improponibile che caratterizza la sua rubrica.

In conclusione non posso fare altro che apprezzare chi, come lei, vede le cose in modo strano e insolito (anche perché fortunatamente è improbabile che mi inviti a mangiare a casa sua), il talento deve essere sicuramente salvaguardato, ma ognuno di noi deve impegnarsi per trovare la propria strada, con un po' di fantasia (e molto impegno) si possono raggiungere traguardi inaspettati.

Bert


2 commenti:

  1. Un professore di mio fratello gli metteva sempre brutti voti perchè diceva che mio fratello avesse le capacità, ma non le sfruttava. Invece ai suoi amici di classe meno capaci li premiava con voti più alti perchè pur impegnandosi al massimo non riuscivano a raggiungere l'obiettivo per una indubbia incapacità.

    Non sò se era corretto il modo di pensare di questo professore, però concordo sul fatto che bisogna apprezzare chi il talento non ce l'ha, ma ce la mette tutta per raggiungere i suoi traguardi piuttosto chi il talento ce l'ha e non fa nulla per affinarlo e salire di livello.

    Però sono anche del parere che non bisogna illudere chi non ha talento a fare cose per le quali non raggiungerebbe mai nessun risultato, piuttosto bisognerebbe attagliargli dei compiti che potrebbe portare avanti senza grossi danni per sè e per gli altri.

    RispondiElimina
  2. invece mi pare capiti spesso che raggiungano i propri scopi gli arrivisti senza talento che meno si impegnano in quello che dovrebbero fare, sarà sempre per il solito detto "promoveatur ut amoveatur"?

    PS: io a scuola ero uno di quelli definiti "talentuosi", però con l'aumentare degli anni sono diminuiti gli stimoli, l'interesse e, proporzionalmente, anche i miei sforzi; con un professore come quello di tuo fratello, probabilmente, avrei fatto qualcosa in più, con me funzionano solo le maniere forti.
    Le unica due professoresse che mi hanno sempre parlato chiaro (in particolare una) mi dicevano che non facendo niente facevo di più dei miei compagni di classe, e con questo cercavano di spingermi ad impegnarmi... era interessante come approccio, ma purtroppo non ha avuto gli effetti desiderati.

    Si può fare un post scriptum più lungo dello scriptum stesso?

    RispondiElimina

Ogni commento è ben accetto, soprattutto il tuo!