-Capitolo 2-
LE ELEMENTARI
Era un giorno come tanti altri e quel giorno* mio padre mi svegliò più presto del solito: era il mio primo giorno in una nuova scuola, una scuola in cui avrei imparato qualcosa, non sapevo bene cosa, ma ero curioso di scoprirlo; adesso per esempio so con certezza che non ho imparato a usare la punteggiatura, tanto per dirne una.
Arrivai in quell'edificio per me nuovo e venni portato insieme a non ricordo quanti miei coetanei, tutte facce conosciute per fortuna, in una stanza: eravamo ordinati come un gregge di pecore impazzite, per facilitare il compito non banale dell'assegnazione dei posti, io e due miei compagni di classe venimmo temporaneamente incastrati trai due braccioli della mitica sedia della maestra, della serie "levatevi per un po' dalle palle", ma meno volgare.
Con il passare dei giorni la faccenda si faceva seria: dovevo copiare degli strani simboli dalla lavagna e imparare il nome di ognuno di loro, anzi, in realtà dovevo imparare quello che io credevo essere il nome, mentre imparavo il suono che corrispondeva a quello strano simbolo; piano piano scoprii che c'erano addirittura due modi diversi per graficizzare lo stesso suono e che erano previste anche delle lettere chiamate minuscole, praticamente un inferno di simboli più o meno simili. Ovviamente imparai a scrivere a modo mio, alcuni oggi mi dicono che scrivo "al contrario", io ancora non capisco cosa intendano, ma di solito si rendono conto di questo quando mi vedono tracciare una O (in stampatello, corsivo o aramaico è sempre uguale, appena faccio una O mi dicono che scrivo al contrario), forse non gli va bene il senso orario o il punto di partenza che scelgo... non lo so, ma spesso non gli va bene neanche la A in corsivo minuscolo, e quella la faccio in senso antiorario.
Passava il tempo e ogni nuova scoperta era fonte di enorme stupore e confusione, per esempio quando venni a sapere dell'esistenza dell'accoppiata gl la parola "italiano" si trasformò immediatamente in "itagliano", dopotutto se quelle due lettere ce le avevano spiegate insieme andavano usate così, no?
Contemporaneamente alle lettere mi venne presentata la mamma più svampita di tutte: quella che compra 6 uova e ne rompe puntualmente 4. Perché non ne comprava mai più di 6? Sapevamo tutti che le avrebbe rotte e che sarebbe dovuta riuscire per comprarne delle altre. Una donna un perché. In ogni caso, anche grazie all'aiuto di questa rompitrice di uova e dei mitici regoli, comparvero nella mia vita i primi calcoli (fortunatamente non renali). Mi si apriva un nuovo mondo, un mondo fatto di numeri e di problemi da risolvere; lo trovavo affascinante, tanto che in quel periodo volevo diventare un maestro di matematica, e sottolineo maestro, anche perché non ero a conoscenza dell'esistenza dei professori, e poi non facevano lo stesso lavoro della mia maestra?
Insomma ero entrato in contatto con la nostra lingua, con la matematica, la storia, le scienze, l'inglese e un sacco di altre cose che non avrei mai immaginato esistessero, ma più di ogni altra cosa ero entrato in contato con delle maestre. In quel tempo* il maestro unico era solo un lontano ricordo ed io mi trovavo di fronte a queste tre maestre più una (quella di religione), le mie erano tutte donne e nella mia scuola esisteva solo un maestro, un esemplare più unico che raro, sufficiente però a farmi capire che i maestri esistevano, erano protetti dal WWF e organizzavano mega recite a cui dovevano partecipare tutti i loro alunni; per fortuna le mie trepiùuna, saggiamente, mi risparmiavano il supplizio di dover comparire su un palco.
E in un attimo passarono cinque anni, e mi ritrovai a dover affrontare l'ormai dimenticato esame di quinta (ma quanto sono vecchio?). Già all'epoca non mi piaceva fare gli esami, quindi optai per ricopiare di sana pianta la tesina della sorella di un mio amico, fu così che dovetti studiare la Francia. Sapevo praticamente tutto, addirittura quali, in quale numero e dove venivano assemblati gli aerei da guerra prodotti in Francia, anche per questo rimasi impietrito quando, assistendo all'orale di una mia compagna di classe, capii che il mio sforzo era stato inutile: lei non sapeva quale fosse la capitale della Francia, e allora io per quale motivo ho imparato i nomi di tutte le catene montuose, tutti i fiumi e anche quelli di tutti i parigini? Rimase un mistero, ma ormai quelle cose le sapevo (come sapevo che il nome della prima moglie di Napoleone: Maria Giuseppina Rosa de Tascher de la Pagerie, ancora lo ricordo, non riesco a cancellarla dalla mia memoria) ed era troppo tardi per dimenticarle.
Mi rendo conto solo ora che forse è colpa degli esami di quinta e di quella mia compagana di classe se ho progressivamente smesso di impegnare energie nello studio.
*citazione degna di una cintura nera di kate-kismo.
Bert, con i regoli mi hai fatto venire un tuffo al cuore!
RispondiEliminaAmarcord totale!
la tua storia è pazzesca bert.
RispondiEliminaI regoli!!!! :)
RispondiEliminaHo una storia molto simile, e anch'io traccio la O (non sempre, ma il più delle volte...) in senso orario!! :-O E te pareva!?! :D
Direi, oltre che "itagliano", anche "gnènte"... :P
Ah, comunque, ora capisco da dove viene la tua francofobia...
P.S.: Questa volta la punteggiatura mi sembra ok, quindi, almeno stavolta, niente mail di correzione... eheh... ;)
@MrJamesFord: al prossimo esame me li porto dietro al posto della calcolatrice.
RispondiElimina@polly: pazzescamente normale?
@Vince: no, "gnènte" mai e... no, non sopporto i Francesi che ho conosciuto, quindi non dipende dall'ormai vetusto esame di quinta.
Sarà... :P
RispondiElimina"Gnènte" magari non nello scritto, ma almeno una volta sono sicuro di avertelo sentito pronunciare... ;))
@Vince: e che c'entra?
RispondiEliminaAh, con il post nello specifico non c'entra "gnènte"; c'entra, però, col "gnènte" in sé. :D
RispondiEliminaNonostante mi reputi un buon conoscitore (ho detto buon e non ottimo) della lingua italiana, tutt'ora qualche dubbio con la parolina ingegnere o ingegniere mi viene. Sarà una forma di odio/amore per questo tipo di soggetti? Non saprei. Comunque io non ho fatto l'esame di quinta elementare, magari un giorno vi racconterò. Ho capito però che lo sforzo ad immagazzinare più cultura possibile paga, magari non nell'immediato ma rende.
RispondiEliminaDimenticavo: la O si traccia in senso antiorario perchè altrimenti sei costretto a staccare la penna dalla carta per tracciare il simbolo successivo.
@MirkoS: quella ho imparato a scriverla da un po', ma da quel giorno i miei dubbi su di lei sono solo aumentati.
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